All’inizio del torrido Agosto dello sfortunato 2020, due Cicloidi accaldati e stressati, Federico e Pasquale, decidono di incontrarsi (ovviamente “a distanza”) la mattina presto nella cittadina versiliana di Massa, per andare a frescheggiare sulle psichedeliche pendenze delle Alpi Apuane.
Punto di incontro e di partenza all’alba: il parcheggio del cimitero di Massa sulla Via Emilia, in direzione Carrara… Forse un presagio dell’incombente giornata impegnativa…
Si parte infatti subito in salita, naturalmente, fino al Valico della Foce, per poi planare velocemente su Carrara.
Poi di nuovo ancora in salita fino a Castelpoggio. Così, subito a freddo.
E’ ancora mattina presto, ma l’umidità è già altissima sui deserti tornanti vista mare, in mezzo ad una vegetazione lussureggiante che sembrava Saigon – o forse la Coppa Asteria del 2017…
Ad un certo punto, subito dopo il bivio per Campocecina, c’è la SP10, in discesa, che troviamo segnalata come “chiusa per frana”.
Mentre cerchiamo di capire il da farsi, sopraggiungono due ciclisti che ci dicono che in realtà la strada è aperta e percorribile già da un po’! Allora, senza troppe esitazioni, ci lanciamo nella lunga discesa.
Scendendo troviamo le più varie condizioni e le più varie annate di asfalto, finché non giungiamo a Tenerano, frazione di Fivizzano, dove una imponente fonte intitolata ai partigiani ci accoglie, permettendoci di riempire le borracce, di rinfrescarci e di rifocillarci 5 minuti, mentre un abitante del luogo ci racconta dell’inciviltà dei pochi turisti che visitano il piccolo borgo.
Prendendo congedo, non senza averlo prima incoraggiato a non demordere dalla difesa della sacra fonte, si continua la discesa, che si fa più dolce, fino al passaggio a livello di Monzone: da qui, dopo un muro di tutto rispetto, subito si riprende a salire, e siamo ormai in Lunigiana.
Le strade continuano ad essere senza traffico o quasi, le temperature continuano a salire mentre si scollina al Pizzo d’Uccello e, ormai a corto d’acqua, finalmente si raggiunge il piccolo borgo di Ugliancaldo.
Senza bar in vista, alla fine dell’abitato per fortuna (sic) c’è il cimitero con la sua provvidenziale fontana. Mentre ci rinfreschiamo all’ombra degli abeti, ci salutano al volo due ciclisti fiorentini provenienti dalla Lunigiana, e ripartiamo: una nuova, lunga discesa, ed ecco che a valle avvistiamo un bar: ormai è ora di pranzo, e ci fermiamo per un panino e una coca cola, seduti urbanamente ad un tavolino sotto una fresca veranda; rifocillati, ripartiamo costeggiando l’ameno lago di Gramolazzo.
La dolce discesa si è fatta nel frattempo un po’ più mossa, ma comunque ci accompagna fino a Piazza al Serchio, e poi ancora alle porte di Camporgiano, da dove attacchiamo l’infinita ascesa al Passo della Formica, in cima al quale la fontana è provvidenziale: le temperature sono ormai feroci, e l’umidità non demorde.
Quindi si riscende, cercando di trarre beneficio dall’aria che, seppur tiepida e umida, almeno scivola addosso e asciuga il sudore mentre le gambe cercano un po’ di recupero, e la mente viene rapita dalla strada bellissima, incisa nel fianco della montagna, che plana su Arni con vista in basso su Isola Santa.
A questo punto i ricordi si fanno definitivamente confusi. Fame, caldo, stanchezza profonda… Ci affianca una coppia in automobile che ci supera, e che dopo alcuni chilometri vediamo venirci in senso contrario e fermarsi, chiedendoci dove eravamo diretti: dopo aver saputo che ci accingevamo a fare il Passo del Vestito, si è offerta di accompagnarci in auto, ma poi al nostro rifiuto è ripartita sbigottita… Dovevamo avere un’aria davvero devastata!
A questo punto mancava una trentina di chilometri per tornare alla base, e c’era, nel mezzo, il Passo del Vestito. L’ultimo della giornata.
L’ascesa al Passo del Vestito è da dimenticare: basti solo sapere che, ad appena un centinaio di metri dal GPM, Pasquale ha imboccato di prepotenza il vialetto di un baretto nel bosco sulla destra, costringendo il paziente e ormai rassegnato Federico (santo subito!) ad una sosta gelato + caffé che era, in quel momento, questione di vita o di morte.
Raggiunto il GPM, ci rimane solo da finire i freni nella discesa fino a Massa.
Alla fine, 3000 metri di dislivello e 120 Km in 9 ore e mezza, di cui 8 ore in movimento.
E neppure un po’ di fresco.
Ma, come per ogni massacro cicloide, ne è valsa la pena.